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Chiara: un omicidio annunciato

By on 01/07/2021

Il caso della ragazza sedicenne uccisa da un suo coetaneo, mi spinge a pormi alcune  domande che nascono dalla gravità del fatto. Quali sono i tempi della maturazione degli individui  secondo la legge? E le influenze o le assenze del mondo adulto, che responsabilità hanno sugli atti compiuti dai minori?

Certo la giovane età dell’assassino ci induce a pensare che si tratti di un problema psichiatrico. E’ troppo facile scagliarsi contro i genitori che magari non si sono accorti di nulla, non hanno saputo interpretare segnali, silenzi e momenti di rabbia. La sofferenza adolescenziale è da sempre il motore principale di quel periodo evolutivo, tutti ne abbiamo sofferto in misura differente; anche le forme di bullismo si manifestano durante l’adolescenza. Basta essere un pochino sovrappeso, per attirare cattiverie e dispetti. Il problema di essere inadeguati rispetto ad un modello specifico e, nello stesso tempo, l’essere riconosciuti dal gruppo e apprezzati è fondamentale in quegli anni .

In questo caso il discorso è profondamente diverso.

L’art. 98 del codice penale ci dice che :”è imputabile chi nel momento in cui ha commesso il fatto aveva compiuto i quattordici anni ma non ancora i diciotto, se aveva capacità di intendere e di volere“. Di conseguenza per i minori dai quattordici ai diciassette anni, la capacità di intendere e di volere in relazione al reato deve sempre essere accertata, mentre nei confronti dei maggiorenni è presunta. Questa norma ci offre un primo spunto che è molto chiaro nella sua formulazione. Il sedicenne assassino di Chiara dovrà prima subire una perizia per accertare la sua capacità di intendere e di volere e successivamente essere giudicato sul fatto. La lucida narrazione degli eventi, tramite la sua stessa confessione, ci racconta di un sedicenne che esce di casa con in tasca un coltello e anzi, pare che già nei giorni precedenti avesse formulato il pensiero di uccidere la ragazza. Si profilerebbe addirittura un caso di omicidio premeditato.

Winnicott, psichiatra e psicanalista inglese di fama mondiale, ci suggerisce un’analisi che appare frettolosa ma non lontana dal vero attraverso una sua definizione in relazione all’aggressività nel periodo adolescenziale: ” l’energia istintiva che viene repressa costituisce un pericolo potenziale per l’individuo e per la collettività.” A questa definizione aggiungerei un’osservazione in riferimento all’utilizzo del web ormai a totale copertura delle assenze di altre figure ugualmente importanti nello sviluppo. Una madre, un padre, un’insegnante, una guida adulta. Condannare la società in toto non risolve il problema, e nello stesso tempo stare vicino ad un adolescente non è facile, la vita di oggi offre stimoli continui e il tempo inteso come momento per l’ascolto ha perso ogni connotato.

Chiudo questo post con una domanda che vuole essere solamente una riflessione, un’ipotesi da analizzare. I paletti ben definiti dalla legge sono fondamentali ma, nello stesso tempo, sono lo specchio di una società cristallizzata ma che non è espressione dei mutamenti degli ultimi anni. Gli stimoli ai quali gli adolescenti sono continuamente sottoposti possono avere creato un’anticipazione del processo di maturazione dell’individuo. Credo che la gravità del fatto di cronaca dovrebbe essere un campanello d’allarme e nel caso in cui venga accertato che il ragazzo era ben consapevole dei suoi atti, nonostante i suoi sedici anni, e avesse maturato dentro di sé il desiderio di uccidere, allora forse, la soglia per definire l’imputabilità ( come norma generale) potrebbe essere riconsiderata in relazione ad un’ anticipata consapevolezza dei propri atti.

 

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