Attualità

Dodici anni e una vita spezzata

By on 18/03/2021

Una notizia apparsa solo un paio di giorni fa mi appare un segnale tragico da non sottovalutare, in un mondo soffocato da una pandemia che oscura qualsiasi altro argomento di cronaca.

QUESTO IL FATTO DI CRONACA: Una ragazzina di dodici anni, di un piccolo centro in provincia di Ivrea, si è tolta la vita senza un apparente e giustificato motivo. Sembra avesse fatto una specie di scommessa con le amiche e lei, unica nel suo piccolo gruppo, ha portato avanti questo terribile progetto. Poi mi sono chiesta quale fosse il sentimento di un’adolescente, il suo grido inascoltato.

Spesso ho pensato che la solitudine dei ragazzi fosse il segnale di una mancanza. Di un’adeguatezza che, amaramente, circonda il mondo degli adolescenti. Un giorno si sentono eroi e il giorno dopo sono preda dei loro demoni. Soprattutto un gesto tragico come questo ha una particolare lettura. Cosa racconta al mondo adulto? L’adolescenza è una fase di passaggio da una vita di bambina ad una vita di donna. Ma davvero la solitudine degli adolescenti nasce da una mancanza familiare, o invece, è l’espressione di un senso di profonda incapacità a proiettarsi verso il futuro, forse di paura, un’impossibilità a realizzare i propri sogni perché il mondo adulto è spietato, privo di poesia, disincantato.

ERICH FROMM, noto psicologo e sociologo tedesco, ha scritto nel suo libro L’Arte di Amare: ” La madre dovrebbe avere fede nella vita e non essere ansiosa, per non comunicare al bambino la sua ansia. Parte della sua vita dovrebbe essere il desiderio che il bambino diventi indipendente, ed eventualmente separarlo da lei. L’amore paterno dovrebbe essere guidato da principi e da speranze; dovrebbe essere paziente e tollerante anziché minaccioso e tirannico.”

WINNICOTT psicologo inglese, parla dell’adolescenza come di un atto aggressivo. Crescere significa prendere il posto dei genitori e questo implica che le figure genitoriali vengano idealmente “uccise” perché l’adolescente possa subentrare al loro posto: “se il bambino deve diventare adulto, questo avviene sul cadavere di un adulto”.

Analizzando e in qualche modo riportando alla realtà odierna ciò che viene fissato ed enunciato da eminenti studiosi, mi pare che il problema più grande di un adolescente sia quello della propria IDENTITA’. Un problema che è LA MISURA della sofferenza celata anche ai genitori. Soprattutto ai genitori. L’adolescente vuole essere capito? Questa è una domanda che è uno snodo fondamentale a mio avviso.

La sofferenza dell’adolescente che si affaccia al mondo adulto ma che non ha gli strumenti per controllare la propria rabbia o possiede una visione del mondo adulto confusa e contraddittoria come si salva? Il ruolo del genitore o della scuola è sufficiente? Forse l’adolescenza è una fase della vita, un momento di reale solitudine in cui l’allegria immotivata è una maschera che nasconde un vuoto, un senso di inadeguatezza che, qualche volta neanche la famiglia riesce a comprendere. O molto più spesso nasconde un senso di IMMORTALITA’ che porta a sfide impossibili fino al gesto estremo, come nel caso di cronaca qui sopra citato.

Resta un grido d’aiuto che tocca il mondo adulto facendolo sentire colpevole, senza alcuna attenuante, in quanto ha dimenticato quello che egli stesso ha passato.

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