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Il libro come una matrioska ?

By on 16/03/2016

I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti ad indagine. Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dice, ma cosa vuole dire”. Questa frase è tratta dal romanzo di Umberto EcoIl nome della rosa”. Contiene in sé numerosi significati come una bambola russa, esattamente come una matrioska. Quindi il libro è una matrioska? Risposta affermativa.

Analizzando la prima frase e cioè che: “i libri non sono fatti per crederci ma per essere sottoposti ad indagine”, la prima suggestione è il richiamo banale alla parola indagine. Secondo il dizionario Hoepli per indagine si intende ricerca attenta e minuziosa con varie sfumature e accezioni: storica, filosofica, giudiziaria.
Il punto nodale è che all’interno di un libro non esiste solamente un elenco di parole, una di seguito all’altra che costituiscono un edificio di mattoni, ogni mattone è una parola e attraverso la costruzione di una frase si palesa un disegno narrativo, un racconto.

Quello stesso racconto prima di essere la narrazione di una vicenda umana o di un fatto irreale o assurdo, possiede al suo interno un codice che si rivela attraverso una lettura più matura, più consapevole del fatto contenuto. Per l’esattezza il codice è l’espressione del pensiero di chi scrive, risultato della sua esperienza umana e quindi il lettore dovrebbe fare un lavoro di decriptazione del significato. Ma il lettore non lo fa. Semplicemente si limita ad interpretare ciò che l’autore racconta, ma lo fa attraverso il meccanismo della mediazione. Cioè ogni racconto passa al vaglio della nostra personale esperienza e subisce una leggera modifica. Le nostre esperienze, le nostre letture passate sono il filtro attraverso il quale la nostra mente elabora un testo scritto e il suo significato.

Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dice, ma cosa vuole dire”. Lo sforzo del lettore allora deve essere un altro e cioè cosa si nasconde all’interno di una narrazione che io lettore posso cogliere e averne un beneficio o in termini di evasione dalla realtà, o in termini di nutrimento intellettuale? Il mondo che mi viene prospettato all’interno di un libro mi porta al di fuori e mi fa acquisire una consapevolezza diversa, mi arricchisce veramente o mi limita? Mi porta ad analisi profonde o mi spinge a teorizzare cose inverosimili?

Questa frase di Umberto Eco contiene all’interno di se stessa, proprio come una matrioska, una quantità di significati e domande che ognuno di noi si pone affrontando un testo letterario o un saggio, ma delle volte non ne è neanche consapevole. Non si ferma a riflettere, perché nel mondo in cui si vive, il tempo non è dedicato all’analisi ma alla sintesi. Devo fare e non posso fermarmi a riflettere.

La bellezza e la forza di questa citazione, sta tutta nel sollevare domande che il lettore non dovrebbe mai smettere di porsi: allora un libro può essere non solo un processo di identificazione con uno o più personaggi, uno strumento di evasione dalla realtà, ma un tentativo vero e proprio di metamorfosi e di evoluzione dell’individuo verso una nuova consapevolezza. Oppure anche solamente un sollievo concreto, una piccola rivoluzione interiore, come un balsamo che ci solleva anche solo momentaneamente da una realtà difficile o ordinaria.

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