Un’icona del novecento
Ho visitato la mostra su TAMARA DE LEMPICKA a Palazzo Chiablese a Torino, e pur non essendo esperta d’arte, mi ha trasmesso emozioni e vibrazioni che posso esprimere solo attraverso la narrazione. Potrei definirle lezioni di stile da un’icona del novecento.
Una mostra ben curata che ripercorre la vita e il percorso pittorico di una donna che è stata innanzitutto un’icona di stile. Era nata a Varsavia nel 1898, ed ha condotto una vita indipendente e disinibita, non facendo mistero delle sue tendenze bisessuali. Ha avuto due mariti e ha vissuto pienamente, mostrando attraverso la sua pittura quello che sarebbe stato il secolo che ci siamo lasciati alle spalle.
La mostra si articola in sette sezioni, raccontando attraverso fotografie, immagini filmate, accessori di moda cult, gli anni trenta e quaranta in particolare, ma non solo tutto il suo percorso pittorico durato una vita intera. I quadri sono ben illuminati e permettono di focalizzare il singolo quadro e la forza espressiva e potente dei colori. Solo le didascalie accanto ai quadri sono spesso ingiustamente lasciate al buio, costringendo ad avvicinarsi per poter individuare qualche carattere.
Donna dalla natura ambivalente, a una condotta trasgressiva coincide un’insospettabile attenzione per la pittura “devozionale”: Madonne e santi, sono i dipinti riuniti nella quarta sezione, sacre visioni: dalla Vergine col Bambino (1931), alla Vergine blu (1934).
La Lempiska è stata definita un’icona dell’art decò, ma questa definizione a mio avviso non è sufficiente a definire un’artista totalmente proiettata verso il futuro. E’ stata influenzata dal simbolismo e dal cubismo, e l’osservatore non esperto d’arte ma appassionato, coglie nei quadri della Lempiska, una visione complessiva del novecento e della modernità.
La cifra del suo valore si comprende dal linguaggio fortemente evocativo della figura umana in cui i corpi, i colori, le forme sono tracce possenti. Le donne ritratte quasi esplodono dal dipinto stesso, le curve sono enfatizzate, le pieghe degli abiti, le labbra disegnate ad esprimere una carnalità forte. Nel mondo della Lempicka è rappresentato l’universo che ci appartiene: il sacro e il profano. Un’esplosione di sacralità, attraverso sguardi travolti dall’estasi e dall’incanto del misticismo e dall’altro lato la sensualità esibita con prepotenza. Soprattutto l’espressione dell’ambiguità che contamina il mondo maschile e femminile e che la pittrice pone al centro della sua arte.
I corpi sono in realtà sculture che si palesano attraverso la pittura, pochi colori forti e gli sfondi sono le città del futuro, grattacieli e cemento, geometrie fredde in contrasto con l’umanità prepotente. La Lempiska ha avuto la capacità di creare immagini che sono diventate il simbolo di un’epoca, in cui le contraddizioni dell’uomo moderno sono esplose anche attraverso i conflitti interiori che Freud e Jung nella psicanalisi avevano già portato alla luce.
La mostra inoltre ripercorre la vita di questa donna attraverso molte fotografie in bianco e nero che raccontano uno stile rigoroso e un’eleganza formale che la pittrice sembra suggerire nelle fotografie che la ritraggono, quando invece la sua tecnica pittorica parla un linguaggio completamente diverso. Il linguaggio di chi sa di essere un precursore, uno strumento potente di interpretazione della realtà cangiante nei costumi, nella visione del mondo, nei conflitti interiori, nelle ambiguità che avvolgono l’essere umano.
La mostra è visibile fino al 30 agosto.