Attualità

Morire di lavoro

By on 04/03/2015

Costanza QUATRIGLIO vince il NASTRO D’ARGENTO 2015 con il documentario TRIANGLE nel quale ricostruisce in maniera parallela due vicende che hanno come sfondo due casi drammatici di morti sul lavoro a cento anni di distanza. Ecco come si può morire di lavoro

NEW YORK, 1911. La fabbrica tessile TRIANGLE, situata all’ottavo piano di un grattacielo privo di scale e sistemi antincendio, prende fuoco, e perdono la vita più di 150 operaie. L’incendio avviene di sabato, ma la fabbrica è affollata, dal momento che le operaie sono abituate a lavorare sette giorni su sette.

BARLETTA, 2011. Una palazzina crolla trascinando con sé le operaie di una fabbrica di confezioni, tutte precarie pagate “a cottimo”, riunite in locali privi di norme di sicurezza. Restano sotto le macerie cinque vittime, una delle quali ha 14 anni ed è la figlia del titolare, lui stesso addetto ad uno dei macchinari dell’azienda. Estratta viva da quelle macerie, Mariella, l’unica sopravvissuta, assume su di sé tutto il peso del mondo. Il dato stupefacente della storia narrata da questa regista, non è tanto e solamente il fatto che queste operaie della fabbrica di Barletta, lavorassero tutte in nero, ma anche il luogo nelle quali esercitavano il loro lavoro: un sottoscala. Quando si parla di lavoro si intende anche un ambiente lavorativo ADATTO e SALUBRE.

Costanza QUATRIGLIO continua il suo racconto dell’Italia contemporanea sottolineando la triangolazione possibile fra i due eventi, a cent’anni l’uno dall’altro, e come terzo lato la DECADENZA SOCIALE, cioè il progressivo smantellamento delle TUTELE nei confronti dei lavoratori e il progressivo abbassamento del livello di ciò che è considerato lecito, o anche solo umanamente accettabile, nel nostro Paese.

Quest’anno, le NAZIONI UNITE puntano i riflettori sulla tratta di essere umani e sulla schiavitù moderna — due fenomeni nei quali viene negato un diritto e una libertà fondamentale. Oggi, circa 21 milioni di donne, di uomini e di bambini sono costretti a lavorare in condizioni disumane in fattorie, in fabbriche, a bordo di pescherecci, nell’industria del sesso o in case private. Il loro lavoro genera ogni anno un giro d’affari illegale di 150 miliardi di dollari. Le donne e i bambini sono particolarmente a rischio di essere rapiti e venduti come schiavi in tempi di conflitti violenti. In alcuni casi, il lavoro forzato mantiene per generazioni intere famiglie o comunità nella povertà più abietta.( dati ricavati dal sito www.lavorodignitoso.org)

Mi sembra IMPORTANTE ricordare le migliaia di donne e di lavoratori che in tutto il mondo, ancora oggi, senza alcuna tutela, svolgono lavori in condizioni pessime a rischio della propria salute. Perché non è importante solamente salvaguardare diritti e doveri contrattuali, ma anche rendere dignitoso il lavoro e denunciare tutte le forme di arbitrio e di illegalità, quando addirittura è in gioco la vita umana.

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