Mario Soldati: elogio di un uomo curioso
A quindici anni dalla scomparsa di Mario Soldati il 17 giugno 2014 il Comune di Torino, il Centro Pannunzio e il Museo Nazionale del Cinema hanno voluto ricordare lo scrittore, il regista, il conduttore televisivo che con la sua presenza forte e discreta nello stesso tempo, ha attraversato il novecento con garbo e ironia.
Con interventi di Piero Fassino, Pier Francesco Quaglieni, Ugo Nespolo, Giovanni Maria Ferraris la figura di Soldati e la sua presenza nella letteratura e nel cinema è stata ampiamente analizzata. I figli Giovanni e Wolfango hanno ricordato il padre raccontando qualche aneddoto della sua vita, le sue battute, la sua piemontesità.
Mi ha colpito in modo particolare il concetto di cultura di cui questo scrittore si è fatto portavoce: la cultura come disposizione naturale e gentilezza dell’animo e ‘l’uso del linguaggio semplice ed immediato per veicolare concetti e idee. Il linguaggio semplice e la capacità di raggiungere i propri lettori con facilità ed immediatezza non è sintomo di banalità, ma viceversa è la cifra di una grandezza che non si misura con l’uso di termini volutamente astrusi o con circonlocuzioni esasperate per una dimostrazione di cultura superiore
“Pier Paolo Pasolini, decretò una trentina d’anni fa che le lucciole erano scomparse dai campi, vittime dell’industria e dei suoi veleni. Mario pur ammirandolo, s’era assunto la missione di smentirlo: a cercarle bene, sosteneva, le lucciole si trovano ancora. Così come è ancora possibile scoprire, in tanti angoli di un’Italia da lui prediletta ed esplorata, vini dal sapore antico, gatti ammiccanti ed enigmatici, pretini che sbucano da sorprendenti chiesette campestri, osti, ostesse e cantinieri, contadini e marescialli. L’importanza è accostarsi a questa archeologia dell’anima senza sussiego. Non negarsi emozioni. Non tirarsi indietro. (…) »(Nello Ajello, Mario Soldati. Racconto d’una vita allegra, “Illustrissimi”, Laterza, Bari-Roma 2006.)” Questa affermazione di Soldati e cioè che a cercarle bene le lucciole si trovano ancora, attribuisce una dimensione speciale all’umanità e all’ironia dell’uomo Mario Soldati. Ed è proprio questa dimensione di uomo attento e curioso ha colpito chi lo ha conosciuto, anche per lo sforzo e l’impegno che ha sempre dimostrato nel trasmettere agli italiani un senso di identità e una passione per i tanti angoli del nostro paese, ad esempio con i suoi programmi di enogastronomia.
Tra i tanti libri di narrativa pubblicati da Mario Soldati mi piace citare un piccolo testo pubblicato da Sellerio che, nelle intenzioni di Soldati voleva essere un racconto di tutto quello che è il mondo dell’industria cinematografica. Tutto quello che accade durante la lavorazione di un film. Nel testo ” 24 ore in uno studio cinematografico” Soldati restituisce al lettore un’immagine viva, disordinata del set. Che è insieme un quadretto del cinema italiano degli anni trenta e nello stesso tempo il concetto che il cinema è arte e improvvisazione in continua metamorfosi, ma è soprattutto industria.
Il senso identitario e il concetto di nazione non hanno avuto vita facile nel nostro paese e pochi sono gli intellettuali che hanno saputo unire gli italiani attraverso le storie e lo sguardo ironico e disincantato come ha saputo fare Mario Soldati.